///Vangelo e commento di don Luigi Maria Epicoco///
Mt 6, 7-15
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Parola del Signore.
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Commento al Vangelo Mt 6,7-15
“Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole”.
Con Dio non bisogna mai pensare che basta la retorica umana, quella che tiriamo fuori quando vogliamo lo sconto ad una bancarella o quando siamo messi alle strette in una situazione difficile. Non si può pensare mai alla preghiera come la trattativa su un prodotto. La preghiera non è un ricettacolo di parole, scusanti o convincimenti.
La preghiera è un rapporto prima ancora che una parola. Forse è questo il motivo per cui Gesù ci insegna la preghiera del Padre nostro, affinché ci ricordassimo che innanzitutto non veniamo ascoltati a forza di parole ma perché siamo amati da Qualcuno che ci ha voluti figli nel Figlio. E la prova che abbiamo capito come si prega la si vede da quanto siamo disposti a perdonare.
“Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi”.
Perdonare infatti significa ricordarsi che siamo figli di Dio e non del caso. E allo stesso tempo il perdono ristabilisce una verità di fede importantissima, e cioè che l’altro non è Dio, e proprio per questo non ci si può dimenticare della sua imperfezione, della possibilità della sua fallibilità, del suo essere strutturalmente fragile.
Perdonare è concedere all’altro di essere umano fino in fondo, di permettergli cioè di tentare di essere una persona migliore perché non lo è fin dall’inizio, e non lo è sempre. Solo il perdono tira fuori il meglio delle persone, invece il giudizio, che è una constatazione dello stato di fatto, molto spesso ci scoraggia, ci condanna perché ci trova sempre perfettibili ma non perfetti.
Ecco allora che la preghiera vera è saper domandare solo ciò che conta e dire ad alta voce ciò che ci vincola nella nostra responsabilità. Sono infatti persuaso che se riflettessimo bene sulle parole del Padre nostro, proveremmo sempre una qualche vertigine a pronunciarle. E se facessimo poi ciò che pronunciamo saremmo persone migliori.
don Luigi Maria Epicoco
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Santo del giorno: San Ranieri di Pisa, Eremita