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16 Settembre 2024 – Vangelo e commento di don Luigi Maria Epicoco

///Vangelo e commento di Don Luigi Maria Epicoco///

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7,1-10

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Parola del Signore.

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Commento al Vangelo Lc 7, 1-10

C’è un passaparola straordinario nel Vangelo di oggi. Un povero servo sta male, il centurione romano nella cui casa presta servizio non lo tratta come un oggetto da sostituire una volta rotto. Non sa più cosa fare, e comincia a fare l’unica cosa interessante che possa fare una persona che si accorge della propria incapacità: chiede aiuto. Lo fa in modo strano, perché chiede a chi ha fede di pregare, di intercedere, di raccontare a Gesù il suo dramma, il suo dolore, la sua richiesta.

Non sappiamo se non si sente degno di formulare direttamente quella domanda, o semplicemente non ha neppure la fede per poterla formulare in prima persona, ma sta di fatto che pur di non perdere quel servo amato, è disposto a tutto. Quest’uomo è già un miracolo, e Gesù lo dirà alla fine del racconto.

Chi ama così, mostra già con la propria umanità la fede che Gesù va predicando. Ma la parte più interessante della storia viene fuori quando Gesù accordando il suo intervento decide di andare a casa di quel centurione romano a guarire il suo servo. Proprio a questo punto è lo stesso centurione che glielo impedisce:

Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito”.

Tradotto significa “mi fido tanto di te che non ho bisogno che mi dimostri nulla perché so che non lascerai inascoltata la mia preghiera sincera”.

Chissà se tutte le volte che preghiamo abbiamo la stessa fede di questo centurione oppure siamo sempre bisognosi che Dio ci dimostri di aver ascoltato in qualche modo la nostra supplica. Ma avere fede non significa chiedere prove ma fidarsi soprattutto in assenza di esse.

“«Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito”.

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Santo del giorno: Santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo – Martiri