///Vangelo e commento di Don Luigi Maria Epicoco///
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,1-8
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Parola del Signore.
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Commento al Vangelo Gv 15, 1-8
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.
Di tagli nella vita ne riceviamo tanti. Sono quei momenti in cui accadono dei cambiamenti che forse nemmeno avremmo mai voluto ma che inesorabilmente bussano alla porta. Il problema non è vivere o meno dei tagli decisivi, ma domandarci che cosa hanno prodotto questi tagli.
Se ci hanno devastato lasciando dentro di noi solo amarezza e risentimento, allora ciò significava che la nostra vita non era aggrappata davvero a un bene. Se invece quel dolore, quel taglio hanno tirato fuori linfa nuova, ed energie nuove, allora ciò sta a significare che siamo passati dalle logiche dell’apparenza alla logica del portare frutto.
Sono le cose brutte che ci accadono nella vita a rivelare chi siamo davvero e su che cosa si fonda la nostra esistenza. Dal modo con cui soffriamo capiamo effettivamente chi siamo e di chi siamo. Infatti un verbo su cui Gesù indugia è proprio il verbo “rimanere”:
“Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
La vera domanda è: in che modo si rimane attaccati a Gesù? Diverse sono le modalità, ma fondamentalmente sono le scelte che facciamo nella vita a dire se siamo in Lui o meno. Chi vuole restare attaccato a Gesù non può scegliere deliberatamente il male, ma deve sforzarsi sempre di mettere in pratica il bene.
Ma non un bene qualunque, ma un bene che apprendiamo dal Vangelo. Ecco allora che leggere il Vangelo ha lo scopo di farci rimanere in Lui. E assieme ad esso la vita sacramentale.
Non si può immaginare un ramo senza la linfa che lo faccia vivere. I sacramenti sono la misteriosa linfa che ci mantiene vivi e legati a Cristo.
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Santo del giorno: San Giovanni D’ Avila, presbitero e dottore della Chiesa.