///Vangelo e commento di Don Luigi Maria Epicoco///
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,14-29
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Parola del Signore.
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Commento al Vangelo Mc 6,14-29
Fa sempre molto orrore rileggere la triste vicenda della morte di Giovanni Battista. I profeti che dicono la verità solitamente finiscono male. Per questo viviamo in un mondo che cerca di addomesticare la verità, di eludere la domanda, di spostare lo sguardo su altro. Ma che senso ha una vita senza verità?
Quante persone facciamo fuori dalla nostra vita solo perché ci dicono quello che non vogliamo sentirci dire. Quante volte come Erodiade coltiviamo rancore per coloro che accendono la luce sulle nostre contraddizioni.
Ma il Vangelo ci mostra un modo migliore per fare Verità, e non è quello di Giovanni Battista ma quello di Gesù. Egli infatti è colui che per tutta la sua vita ha detto la verità a coloro che incontrava usando però sempre la misericordia. Che cos’è la misericordia? Dire alle persone quello che vogliono sentirsi dire? Assolutamente no. La misericordia è dire la verità e allo stesso tempo amare coloro a cui si dice la verità. Senza l’amore la verità uccide. Con l’amore la verità salva.
Ma esiste un luogo importante in ciascuno di noi dove la verità risuona: è la coscienza. Ed è proprio la coscienza il luogo impraticabile per Erode, perché invece di ascoltarla la rifugge. E chi non ascolta la propria coscienza vive sempre male, perché vive sempre sulla difensiva, avendo paura di tutto e di tutti perché chi ha fatto del male, si aspetta sempre il male. Infatti quando diciamo a qualcuno che “gli rode la coscienza”, ci riferiamo esattamente a quello che accade a Erode.
Don Luigi Maria Epicoco
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Santo del giorno: San Giuseppe da Leonessa, Cappuccino