Nel 1915 Lucia aveva otto anni, essendo nata il 22 marzo 1907, ebbe così dai genitori il compito di pascolare il gregge. Racconta:
“…Per quel che posso calcolare a occhio e croce, ebbe luogo nel 1915 la prima apparizione di quello che io credo essere l’angelo, che non osò per allora manifestarsi completamente. Dall’aspetto del tempo, credo che saranno avvenute nei mesi tra aprile e ottobre del 1915.
A Gabeco, nel versante rivolto verso sud, al momento di recitare il rosario in compagnia di tre compagne, di nome Teresa Matìas, Maria Rosa Matias sua sorella e Maria Justino, di Casa Velha, vidi che sopra il bosco della valle, che si estendeva ai nostri piedi, si librava qualcosa come una nuvola; più bianca della neve, un po’ trasparente, dai contorni umani. Le mie compagne mi domandarono che cos’era. Risposi che non lo sapevo. In giorni differenti si ripeté tre volte ancora.
Questa apparizione mi lasciò nello spirito una certa impressione che non so spiegare. A poco a poco, quest’impressione andava scomparendo; e credo che se non fosse per i fatti che poi vennero dopo, col tempo l’avrei dimenticata del tutto”.
Nel 1916, anche i cuginetti Francesco e Giacinta, nati rispettivamente l’11 giugno 1908 e l’11 marzo 1911, ebbero il permesso dai loro genitori di cominciare a pascolare il gregge. Così Lucia iniziò a pascolare il gregge insieme ai cuginetti Francesco e Giacinta Marto.
“Non posso precisare con certezza le date, perché in quel tempo io non sapevo ancora contare gli anni, nè i mesi e nemmeno i giorni della settimana. Mi pare però che dev’essere stato nella primavera del 1916 che l’angelo ci apparve per la prima volta nella nostra Loca do Cabeço.
…noi salimmo il pendio in cerca di un riparo; … fu, dopo aver fatto lo spuntino e aver pregato, che cominciammo a vedere a qualche distanza, sopra gli alberi che si estendevano dalla parte del sole nascente, una luce più bianca della neve, dalla forma di un giovane trasparente, più brillante che un cristallo attraversato dai raggi del sole. A mano a mano che si avvicinava, noi potevamo distinguerne i lineamenti. Eravamo sorpresi e mezzo assorti. Non dicevamo parola.
Arrivato vicino a noi, disse:
«Non temete! Io sono l’angelo della pace. Pregate con me!».
E, inginocchiandosi in terra, curvò la fronte fino al suolo. Portati da una spinta soprannaturale, lo imitammo e ripetemmo le parole che gli sentimmo pronunciare:
«Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo. Io vi chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano».
Dopo aver ripetuto tutto ciò tre volte, si alzò e disse:
«Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche».
E scomparve.
L’atmosfera del soprannaturale che ci avvolse era così intensa, che quasi non ci rendevamo conto della nostra stessa esistenza; per un bel po’ di tempo restammo nella posizione in cui ci aveva lasciato, a ripetere sempre la stessa orazione. La presenza di Dio si sentiva così intensa e intima, che nemmeno tra di noi avevamo il coraggio di parlare. Il giorno dopo, sentivamo lo spirito ancora avvolto da quella stessa atmosfera che solo molto lentamente andò scomparendo.
A nessuno venne in mente di parlare di questa apparizione, e nemmeno di raccomandare il segreto. Essa lo impose da sé. Era così intima, che non era facile pronunciare su di essa la benché minima parola. Forse ci fece anche maggior impressione, perché fu la prima a svolgersi in modo così manifesto.
La seconda dovette essere nel cuore dell’estate, in quei giorni di maggior calore, in cui riportavamo a casa il gregge a metà mattina, per ridargli la via soltanto sul tardi.
Andammo dunque a passare le ore della siesta all’ombra degli alberi che circondavano il pozzo già più volte menzionato. Improvvisamente vedemmo lo stesso angelo vicino a noi:
– Che fate? Pregate! Pregate molto! I Cuori di Gesù e di Maria hanno sopra di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo orazioni e sacrifici.
– Come dobbiamo sacrificarci? – domandai.
– Di tutto quello che potrete, offrite un sacrificio in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. Attraete così sopra la vostra patria, la pace. Io sono il suo angelo custode, l’angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà.
Queste parole dell’angelo s’impressero nel nostro spirito, come una luce che ci faceva comprendere chi era Dio, che ci amava e voleva essere amato; il valore del sacrificio e quanto gli fosse gradito e che, in attenzione ad esso, convertiva i peccatori. Perciò da quel momento cominciammo a offrire al Signore tutto ciò che ci mortificava, ma senza darci da fare a cercare altre mortificazioni o penitenze, eccetto quella di passare ore a fila prostrati per terra a ripetere l’orazione che l’angelo ci aveva insegnato.
La terza apparizione, credo, che dovette avvenire in ottobre o alla fine di settembre, perché non andavamo più a passare l’ora della siesta a casa.
…andammo da Pregueira (è un piccolo uliveto di proprietà dei miei genitori), fino a Lapa, facendo il giro del pendio del monte dalla parte di Aljustrel e Casa Velha. Là recitammo il nostro rosario e l’orazione che ci aveva insegnato nella prima apparizione.
Eravamo dunque là, quando ci apparve la terza volta, portando in mano un calice e sopra di esso un’ostia, dalla quale cadevano dentro al calice, alcune gocce di sangue. Lasciando il calice e l’ostia sospesi per aria ripeté tre volte l’orazione:
«Santissima Trinità, Padre Figlio Spirito santo vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui Egli stesso è offeso. E, per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore immacolato di Maria vi domando la conversione dei poveri peccatori».
Dopo, alzandosi, riprese in mano il calice e l’ostia e diede a me l’ostia e quello che c’era nel calice lo diede a bere a Giacinta e a Francesco, dicendo contemporaneamente:
«Prendete e bevete il corpo e il sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio».
Nuovamente si prostrò a terra e ripeté con noi, ancora tre volte la stessa orazione
«Santissima Trinità, ecc.».
E scomparve.
Portati dalla forza del soprannaturale che ci avvolgeva imitavamo l’angelo in tutto, cioè, prostrandoci come lui e ripetendo le orazioni che lui diceva. La forza della presenza di Dio era così intensa che ci assorbiva e annichilava quasi completamente. Pareva privarci perfino dell’uso dei sensi corporali per un lungo periodo di tempo. In quei giorni facevamo le azioni materiali, come trasportati da quello stesso essere soprannaturale che a ciò ci spingeva. La pace e la felicità che sentivamo erano grandi ma solo interne con l’anima completamente concentrata in Dio. Anche la spossatezza fisica che ci prostrava era grande”.