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Gli Appelli del Messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Terza parte – I COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO

Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo

« Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo » (Dt5,17).

Con questo comandamento, Dio ci proibisce qualsiasi tipo di calunnia e menzogna a discapito del prossimo. Così parla il Signore: « Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un’ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo. (…) Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo. Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole. Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti » (Es 23,1-8).

Questo precetto di Dio ci proibisce anche tutte le critiche ingiuste, ogni maldicenza e diffamazione del prossimo: il grande difetto di interpretare male le azioni del prossimo, attribuendo loro vizi che esse di per sé non hanno! Condannando questo modo di procedere, san Giacomo ci dice: « Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica. Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo? » (Gc 4,11-12).

Lo sparlare, la censura e la critica ingiusta e diffamante sono contro questo comandamento, perché hanno alla base la falsità e la calunnia. Nel libro sacro dei Proverbi, è scritto: « II falso testimone non resterà impunito, chi diffonde menzogne perirà » (Prv 19,9).

Se riportiamo il caso a noi stessi, comprendiamo molto bene tutto il senso di questo comandamento, visto che desideriamo che sia osservato nei nostri confronti; ma perché non lo comprendiamo allo stesso modo per il nostro prossimo? Non sarà perché viviamo distrattamente o nell’ignoranza della verità? Nel Vangelo di san Giovanni c’è un passo riguardante il giudizio di Gesù da parte di Pilato che mi fa sempre una grande impressione. Ad un certo momento salta fuori l’accusa che Gesù mirava ad essere re, il cui senso vero Gesù cercò di chiarire: « Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Gli dice Pilato: “Che cos’è la verità?”. E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: “Io non trovo in lui nessuna colpa” » (Gv 18,37-38).

Questo brano del Vangelo ci mostra come si vive nel mondo. Pilato era un uomo di alta condizione nella società di allora, oltre tutto con poteri di giudice del supremo tribunale, e non sapeva che che cosa fosse la verità! Nemmeno lo ha voluto sapere, perché non ha aspettato la risposta di Gesù. Non gli interessava istruirsi… uscì e andò a parlare con i Giudei. Così vivono molti nel mondo: la verità non interessa loro. Eppure non arriveremo al cielo se non camminiamo sulla strada della verità.

Fu così che Pilato, dando ascolto alle calunnie, condannò a morte un innocente. E ne era cosciente: egli stesso confessò che la vittima era innocente e, come se volesse soffocare il grido della propria coscienza, mise in scena la cerimonia di lavarsi le mani, dichiarandosi davanti a tutto il popolo innocente del sangue di quel giusto: « Pilato, (…) presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: “Non sono responsabile, disse, di questo sangue!” » (Mt 27,24). « Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso » (Gv 19,16).

Se fosse possibile svolgere tutto il gomitolo della storia umana, quanti condannati a morte, o a pene crudeli quasi quanto la morte, non troveremmo, vittime della calunnia, della menzogna, di falsi giuramenti, di odi, invidie e vendette?! E tuttavia la legge di Dio è stata data e rimane viva, e ripete sempre: « Non uccidere! Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non dichiarare il falso; non essere complice degli empi, servendo loro da falso testimone. Sta’ lontano da ogni menzogna».

Anche se non si vuole dare ascolto al suono di questa voce di Dio, la sua eco vibrerà nella coscienza umana per tutto il tempo che durerà e poi nell’eternità della disperazione di coloro che, per non averlo seguita, si sono persi.

La trasgressione di questo comandamento è molto grave; con essa si offende Dio nella persona del prossimo. È una violazione del precetto della giustizia e della carità, con la quale Gesù Cristo ci ordina di trattare il prossimo: « Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati » (Gv 15,12); e il Signore ci ha amati fino a dare la vita per noi. In un altro passo, raccomandando la stessa cosa, ci dice: « Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti » (Mt 7,12).

Ave Maria!