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Gli Appelli del Messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Terza parte – I COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO

Non uccidere

« Non ucciderai »(Dt 5,17).

Con questo comandamento Dio ci proibisce qualsiasi attentato contro la vita umana. Deciderne la fine è un diritto che Dio ha riservato solo a se stesso; perciò, non ci è permesso annientare nessuna vita umana, anche se ancora in germe.

La proibizione di non uccidere fatta da Dio all’umanità è proposta alla nostra considerazione in vari passi della Sacra Scrittura. La storia di Caino e Abele, figli di Adamo ed Eva, è un esempio chiaro. « Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì i primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era avvilito. Il Signore disse allora a Caino: “Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo”.

Caino disse al fratello Abele: “Andiamo in campagna!”. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.

Allora il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”. Riprese: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ramingo e fuggiasco sarai sulla terra”. Disse Caino al Signore: “Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”. Ma il Signore gli disse: “Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!”. (…) Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato, Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden » (Gn 4,2-16).

Questo passo della Sacra Scrittura ci offre insegnamenti meravigliosi su questo comandamento di Dio: «Non ucciderai ». Il primo che mi si presenta è questo: benché Caino sia stato l’assassino di suo fratello, il Signore non permette a nessuno di ucciderlo. É un diritto che Dio riserva a se stesso quello di mandare a morte chiunque, quando lo ritiene opportuno. Dio procede in tal modo affinché ci sia il tempo per il pentimento e per la penitenza.

Se Caino, invece di esasperarsi di fronte al castigo e aver paura di essere ucciso da qualcuno, avesse piuttosto riconosciuto il suo peccato e chiesto umilmente perdono al Signore, certamente l’avrebbe ottenuto. Ma, invece di compiere questo atto di umiltà e di fiducia nella bontà di Dio, si esaspera!

Forse Caino avrà temuto che qualcuno, sapendo come si era comportato con Abele, volesse vendicarsi trattandolo allo stesso modo. Ma Dio proibisce anche l’omicidio per regolare i conti e prende delle precauzioni affinché ciò non avvenga e il peccato non si ripeta. Con questo comandamento Dio ci proibisce il peccato della vendetta, perché la vendetta è un atto di ribellione promosso dall’orgoglio esaltato. Non possiamo dunque vendicarci del nostro prossimo, e neppure punire i delinquenti con spirito di vendetta.

Nei casi in cui l’autorità si vede costretta a punire il reato per mantenere l’ordine, il castigo dev’essere accompagnato sempre dallo spirito di carità verso il bene comune e verso il colpevole, in modo che egli riconosca il male, si penta e sia disposto a cambiare vita.

Normalmente non si tiene conto di alcuni tipi di morte lenta che vengono inflitti al prossimo, eppure essi pesano sulla bilancia di Dio: l’ingiustizia, con la quale molte volte si sacrifica il prossimo; la calunnia, con la quale gli si ruba il buon nome, la dignità personale e rispetto che gli è dovuto, l’abuso, con il quale viene spogliato dei propri diritti; e tante altre cose dello stesso tipo con le quali si tormenta il prossimo e si provoca lentamente la sua morte.

Quando Gesù Cristo venne arrestato nel Giardino degli Ulivi, san Pietro, volendo difendere il Maestro, prese una spada e aggredì uno dei soldati tagliandogli un orecchio. Ma il Signore accorse in difesa del ferito e disse a san Pietro: « Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada » (Mt 26,52). Questo significa che ogni crimine è punito e che Dio lo proibisce e lo ripudia. Nemmeno in sua difesa il Signore permise a san Pietro di usare la spada. Questo non vuol dire che in caso di attacco non possiamo difenderci, ma significa che non dobbiamo aggredire il prossimo ingiustamente e senza esservi costretti dalla necessità di difenderci.

Tornando al caso di Caino e Abele, vi troviamo un avvertimento, come un comandamento di Dio dato a Caino, sul quale non dobbiamo sorvolare senza una seria riflessione: « Perché sei irato e il tuo volto abbattuto? Se ti comporterai bene, certamente tonerai a sollevare il volto; se ti comporterai male, il peccato si stenderà sulla tua porta e resterà a spiarti. Attenzione, perché esso ha molta inclinazione verso di te, ma devi dominarlo ». Tutti noi dobbiamo conoscere qual è la tentazione che più frequentemente ci assale e cerca di trascinarci sulla via del male; in altre parole, qual è il peccato che, come disse Dio a Caino, ha più inclinazione verso di noi. Dobbiamo dominarlo come ha chiesto Dio: « Devi dominarlo ». Ogni peccato porta in sé una sentenza di morte eterna, perché è trasgressione alla legge di Dio: « Ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti » (Gn 2,17). Frase che potremmo leggere così: se trasgredisci i miei ordini, incorri nella pena di morte, ossia nella condanna eterna. Ogni peccato ricade sotto la giurisdizione di questa sentenza, perché tutti sono una trasgressione di una legge di Dio, portano in sé la morte eterna e spesso anche la morte temporale; dunque, non ci è permesso di sacrificare la vita del prossimo né la nostra. Questo comandamento è assoluto: « Non ucciderai ».

Gesù Cristo, nel discorso della montagna, ha confermato questo comandamento divino dicendo: « Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio, Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna» (Mt 5,21-22).

Il Signore dice: « Sarà sottoposto a giudizio ». Chi commette questi peccati può ancora salvarsi, se vuole pentirsi, chiedere perdono e fare penitenza riparando, per quanto possibile, al male causato al prossimo.

Ave Maria!