Per una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli del messaggio di Fatima” scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).
______________________________________________________________________________
Appello all‘apostolato
Tredicesimo appello del Messaggio: « Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, poiché molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi si sacrifichi per loro » (Nostra Signora, 19 agosto 1917) – (Parte 2° di 2)
……
In questo campo dell’apostolato, tutti abbiamo una missione da compiere che ci è stata affidata da Dio: tutti siamo responsabili del nostro prossimo e, attraverso il battesimo, partecipiamo al sacerdozio di Cristo Salvatore come pure entriamo a far parte del suo Corpo Mistico, con un posto e dei doveri specifici da compiere. Gli uomini non sono stati creati come esseri estranei l’uno l’altro, chiamati ad ignorarsi eternamente, ma come esseri solidali e fratelli che si amano, si aiutano e si riuniscono intorno al Padre, che quotidianamente provvede per loro il cibo e il vestito; da lui ricevono la stessa benedizione e si orientano verso lo stesso destino, la casa del Padre.
Il vero apostolato consiste in questa unione dei figli con il loro Padre del cielo; essa è la grazia e la porta della salvezza. Ma vediamo cosa ci dice la preghiera sacerdotale di Cristo: « Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa so-la, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione » (Go 17,11-12). Queste parole di Gesù devono servire a non scoraggiarci quando troviamo sulla nostra via alcuni figli della perdizione che resistono alla grazia, alla tenacia della nostra carità, dei nostri sforzi, dei nostri sacrifici e delle nostre preghiere. Sono i figli dell’altra generazione, che Satana trascina sulle vie della perdizione.
Questo è conforme a quanto Dio aveva detto a Mosè: « Cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora và, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà » (Es 32,33-34). Orbene, non è perché alcuni si ostinano nel male che il Signore, sempre misericordioso, lascia perire gli altri, ma ordina a Mosè che continui il suo apostolato conducendo il suo popolo per le vie del Signore. Ognuno assume la responsabilità dei propri atti in modo che colui che ha peccato e si ostina nel peccato sarà cancellato dal libro della vita, ma non suo fratello che si è pentito e si è lasciato condurre dalla mano del Signore.
Veramente misericordioso è il nostro Dio! E misericordiosi dobbiamo essere anche noi, creati a sua immagine e somiglianza. Perciò, Gesù Cristo disse: «Misericordia io voglio e non sacrificio » (Mt 12,7), citando le parole del profeta Osea, che cosi interpreta i sentimenti del cuore di Dio: « Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti » (Os 6,6). Abbiamo qui l’apostolato del perdono, con il quale dobbiamo portare i nostri fratelli alla conoscenza di Dio. Che essi trovino in noi sentimenti di perdono, che diventino per loro il riflesso della misericordia di Dio!
Pensiamo che Dio ha fatto dipendere la concessione del suo perdono a noi dalla nostra stessa misura che noi usiamo verso chi ci ha offesi: « Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe » (Mt 6,14-15). Questa esigenza del perdono al nostro prossimo ci obbliga a vincere le tentazioni dell’orgoglio che portano alla vendetta. È una legge dettata da Dio, già nell’Antico Testamento: « Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore » (Lv 19,18).
Come Dio ci ordina qui, è necessario contrapporre alla tentazione della vendetta, del disprezzo o della freddezza, l’apostolato della carità che porta con sé il perdono, il pagare il male con il bene e il pregare per coloro che ci perseguitano. Dobbiamo imitare Gesù Cristo che, sulla croce, chiese al Padre perdono per coloro che lo avevano oltraggiato, maltrattato e crocifisso: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34).
Le parole del Signore non lasciano margine al dubbio: « Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati » (Mc 11,25-26). E in un altro luogo il Signore ci dice: « Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano » (Lc 6,27-28). Questo perdono è il frutto della carità che arde nel cuore di Cristo e che deve animare il nostro apostolato verso i nostri fratelli: « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! » (Lc 12,49).
Ma questo appello del Messaggio include anche un altro aspetto che il nostro apostolato deve ugualmente avere. Nostra Signora, rispondendo ad una domanda riguardante la destinazione da dare ai doni che il popolo nell’adempimento delle sue promesse lasciava sul luogo delle apparizioni, disse: « Fate due portantine. Una la porterete tu e Giacinta con altre due bambine vestite di bianco. L’altra, che la portino Francesco con altri tre bambini, anche loro vestiti di bianco. Il denaro delle portantine è per la festa della Madonna del Rosario e quello che resterà è per finanziare una cappella che dovranno far fare »
(Nostra Signora, 19 agosto 1917).
Le portantine alle quali si riferisce il Messaggio non sono quelle che servivano per trasportare le immagini, ma quelle destinate a portare in processione le offerte che il popolo faceva al Signore. Infatti era abitudine del popolo della terra ringraziare Dio per i suoi benefici offrendogli qualcosa del frutto dei loro raccolti, nella misura delle possibilità di ognuno. Queste offerte erano raccolte da alcuni amministratori che le mettevano su portantine che erano condotte in corteo nelle giornate delle grandi solennità. Dopo la Messa solenne venivano portate in processione e offerte a Dio per ringraziarlo dei benefici ricevuti e per le spese del culto.
Certamente Nostra Signora nella risposta che diede mostrò quanto questo semplice atto di ringraziamento era gradito a Dio e come dovessimo avere verso Dio attenzioni di riconoscenza, e anche indicò il dovere che abbiamo di prendere parte e aiutare a sostenere il culto pubblico che gli si presta.
È da sottolineare inoltre il gesto richiesto dal Messaggio di associarsi ai nostri fratelli per portare con loro al Signore le nostre offerte, i nostri ringraziamenti, le nostre preghiere e i nostri sacrifici: ciò costituisce un atto di collaborazione che incoraggia e dà forza all’apostolato, rendendoci apostoli gli uni degli altri.
Talune abitudini che allora esistevano tra la popolazione di Fatima ricordavano usi simili descritti nella storia biblica. Io credo che, siccome la maggior parte delle persone a quel tempo era analfabeta, ignorasse quasi completamente la storia biblica e conoscesse soltanto alcuni fatti che poche persone sulla terra potevano leggere nei compendi della Storia Sacra. Almeno per quanto mi riguarda era così; e solo molti anni più tardi mi fu possibile leggere la Sacra Bibbia, e solo allora mi si svelò il significato più intimo del Messaggio e il suo rapporto con la Parola di Dio.
Continuando la nostra descrizione di quest’altro aspetto dell’apostolato, avvalendomi della somiglianza della storia biblica con gli usi della gente di Fatima di allora ricordo le seguenti precisazioni fatte da Dio al suo popolo: « Il Signore disse ancora a Mosè: “Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una santa convocazione, vi mortificherete e offrirete sacrifici consumati dal fuso in onore del Signore. In quel giorno non farete alcun lavoro; poiché è il giorno dell’espiazione, per espiare per voi davanti al Signore, vostro Dio. Ogni persona che non si mortificherà in quel giorno, sarà eliminata dal suo popolo. Ogni persona che farà in quel giorno un qualunque lavoro, io la eliminerò dal suo popolo. Non farete alcun lavoro. E una legge perenne di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete” » (Lov23,26-31).
Non è difficile vedere rappresentati in questo « decimo giorno del settimo mese » le domeniche e i giorni santificati, che la Chiesa ordina di consacrare a Dio; ebbene, in questi giorni abbiamo l’obbligo di osservare la legge del Signore: sono giorni da dedicare al nostro culto di Dio, alle nostre preghiere e ai nostri sacrifici.
In un’altra occasione Dio disse a Mosè: « Dirai agli Israeliti: “(.) Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò” » (Es 20,22.24). Non so quale sia l’interpretazione che i teologi della Chiesa diano di questo passo della Sacra Bibbia. Per me possiede una bellezza affascinante perché ci dimostra la soavità dell’amore paterno di Dio. Poiché siamo in Cristo la discendenza del popolo eletto, anche a noi oggi vengono dette queste parole del Signore:
« In ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò ». Dio sembra procedere con noi come un padre attento al balbettare del figlio piccolo, il quale non appena questi riesce a pronunciare il suo nome gli corre incontro, lo prende tra le braccia, lo ricopre di carezze e lo abbraccia.
In questo passo della Bibbia, Dio ci mostra anche come gli sono grate le nostre offerte e i nostri sacrifici, quando gli vengono offerti in ringraziamento dei benefici e in riparazione dei propri peccati e di quelli del prossimo. Dio è lo stesso sia oggi che allora, perciò quello che chiese al suo popolo in quel tempo lo chiede anche a noi oggi, anche se l’oggetto e la forma dell’offerta con il passare del tempo possono essere cambiati.
Alcuni anni fa, parlando con me, il Signor Arcivescovo di Cirico mi disse: « Lo sa, sorella, cosa significavano quelle portantine che Nostra Signora ordino di fare con le donazioni che il popolo lasciava nella Cova da Iria? Erano la profezia delle portantine dell’immagine della Vergine Pellegrina che percorre il mondo, e la portantina dell’immagine della Cappellina». Sono pienamente d’accordo con questa interpretazione, perché nella mente di Dio lo stesso fatto può avere vari significati, e questi pellegrinaggi dell’immagine di Nostra Signora sono un aspetto in più dell’apostolato del Messaggio che lei è venuta a portare sulla terra e che percorre il mondo incontrando le persone per portarle a Dio.
Così si realizza la sua profezia: « D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono » (Lc 1,48-50).
Ave Maria!