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Gli Appelli del Messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Terza parte – I COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO

Non rubare

«Non rubare» (Es 20,15).

Dio ci proibisce il furto perché è un atto contro la giustizia: è ingiusto appropriarsi di una cosa che non ci appartiene. È un atto che ripugna alla giustizia di Dio; perciò egli ci dice: «Non desiderare la casa del tuo prossimo. (…) né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,17).

«Non desiderare la casa del tuo prossimo». Con questo precetto Dio ci proibisce di desiderare ciò che appartiene al prossimo; e se non desideriamo, non ruberemo; perché ciò che porta al furto è il desiderio.

Se non abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno – e se possiamo -, dobbiamo lavorare per guadagnarlo in modo serio e onorevole. A dire il vero, tutti coloro che, avendo la salute e l’età giusta per farlo, non lavorano, peccano contro la legge del lavoro imposta da Dio a tutta l’umanità: «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15).

Al principio, quando Dio aveva dato questo obbligo del lavoro all’uomo, il lavoro era una specie di intrattenimento e ricreazione; ma, dopo che l’uomo ebbe peccato, trasgredendo l’ordine che Dio gli aveva dato di non mangiare il frutto dell’albero proibito, il precetto di lavorare passò ad essere inteso come una penitenza e un castigo per il peccato commesso. «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”. (…) La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. (…) Poi all’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre, Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!”» (Gn2,16-17; 3,6.17-19).

Così, secondo questo testo sacro, a causa del peccato dei primi esseri umani tutti siamo soggetti alla legge del lavoro e alla morte temporale: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tonerai!». Dico che siamo soggetti alla morte temporale, perché dalla morte eterna siamo stati riscattati nella Redenzione operata da Gesù Cristo. Ora, per essere salvi non ci resta altro che cooperare con la grazia che egli ci ha meritato.

Esenti dalla legge del lavoro sono solo i bambini, perché ancora non hanno la forza fisica necessaria per questo, i malati impossibilitati, e le persone che, per l’età e per i molti lavori del passato, hanno già esaurito le loro forze. Per soddisfare le loro necessità, ci sono tutti quelli che hanno verso di loro questo dovere di giustizia, soprattutto coloro che usufruiscono di ciò che essi fecero con il loro sforzo e sacrificio; e c’è la carità di tutti quelli che sanno comprendere e amare il prossimo. In tal modo, tutti potranno vivere, seriamente e onorevolmente, da fratelli quali siamo, perché figli dello stesso Padre che è nei cieli, senza trasgredire il suo comandamento: « Non rubare ».

Ci sono tante e così diverse maniere di rubare che qui è impossibile elencarle tutte, ma ne citerò alcune. Così, nel commercio è furto far pagare per qualsiasi merce più del giusto, abusando forse della necessità e dell’ignoranza del prossimo. Da parte di coloro che lavorano e ricevono la paga, è furto non dedicare il tempo dovuto al lavoro e non lavorare con la velocità e la perfezione richiesto affinché le cose siano ben fatte. E da parte di coloro che sono serviti da quelli, è furto non pagare il dovuto e a tempo debito.

Furto è privare il prossimo dei suoi legittimi diritti, sia opprimendolo in modo tale che egli non possa fare uso di ciò a cui ha diritto, sia privandolo della sua libertà, in quanto essere libero, creato tale da Dio, oppure in qualsiasi altro modo.

È furto anche ingannare il prossimo, vendendogli per cose buone o di alta qualità cose deteriorate o di bassa categoria, vendendogli animali malati o deformi per sani e perfetti.

Dio ha proibito tutti questi tipi di furto dicendoci: « Non ruberete né userete inganno o menzogna gli uni a danno degli altri » (Lv 19,11).

E San Paolo raccomanda il rispetto di questo comandamento con le seguenti parole: « E non date occasione al diavolo. Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità » (Ef4,27-28); e in un altro passo dice ancora: « Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi. (…) E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di vai vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace »(2 Ts 3,6.10-12). L’apostolo ordina di non accompagnarsi a coloro che sappiamo avere cattive abitudini, che trasgrediscono le leggi di Dio, perché possono trascinarci su cattive strade e perderci. E se abbiamo percorso cattive strade, ci esorta a correggerci, a tornare a lavorare onestamente per guadagnare il sostentamento di ogni giorno e aiutare il prossimo bisognoso.

Un altro tipo di furto è quello del buon nome. Diffamare il prossimo, privandolo della stima e della fiducia dei suoi simili, è la specie di furto più grave che si possa commettere, perché gli si toglie ciò che egli più apprezza, ossia il suo buon nome, il suo onore, la fiducia e la stima dei suoi fratelli, mettendolo così in condizioni difficili nella sua vita privata, pubblica e sociale.

Condannando tutto ciò, Dio dichiara al peccatore: « Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle? Se vedi un ladro, corri con lui; e degli adulteri ti fai compagno. Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua ordisce inganni. Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. Hai fatto questo e dovrei tacere? Forse credevi ch’io fossi come te! Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati » (Sal 5049,16-21). E il salmista conclude: «Capite questo voi che dimenticate Dio, perché non mi adiri e nessuno vi salvi » (Sal 5049,22).

Accogliamo questo richiamo divino perché è in gioco la nostra salvezza eterna. Regoliamo la nostra vita con Dio, con la fedele e costante osservanza della sua legge e della sua parola che è il suo Verbo, Gesù Cristo nostro Salvatore: « Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita » (Gv5,24).

Ave Marial