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Gli Appelli del Messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Appello alla perfezione della vita cristiana

Diciassettesimo appello del Messaggio (Parte 4° di 4)

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Gesù Cristo nel ministero della vita pubblica dimostra con parole ed opere di essere il Salvatore: va incontro alle persone per condurle sulle vie della salvezza. Significativo il suo commento alla parabola del Buon Pastore: « lo sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (…) Come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. (…) lo do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano » (Gv 10,10. 15.28).

Fu questa sollecitudine pastorale che portò Gesù Cristo a rimanere in attesa della Samaritana vicino al pazzo di Sicar e a chiederle da bere: «“Dammi da bere”. Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva. (…) Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”» (Gv4,7-15)

Gesù aveva conquistato quest’anima e con essa molte altre che vennero ad incontrarlo. Perciò, quando i discepoli lo invitarono a consumare il suo pasto, egli disse loro: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete. (…) Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv4,33-34).

Alla donna adultera, dopo che i suoi accusatori si dispersero, Cristo «disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed essa rispose: «Nessuno, Signore”. E Gesù le disse. “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”» (Gv 8,10-11). È la misericordia che, di fronte al pentimento, perdona, imponendo però una condizione – d’ora in poi non peccare più. -, perché è così che sarà salva. Anche al paralitico che aveva curato presso la piscina di Betzata, quando lo rincontrò più tardi al tempio, Gesù disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» (Gv 5,14). E la stessa cosa avviene oggi con noi: egli perdona i nostri peccati, a condizione che ci mettiamo nella disposizione di non tornare a peccare. È una delle esigenze per avere una confessione ben fatta: il proposito di emendarci.

Per aiutarci, Cristo volle rimanere con noi: «Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui » (Gv14,18-21).

Non si tratta solo di una presenza spirituale in noi. Gesù ha voluto stare tra noi anche sotto le specie consacrate del pane e del vino nel sacramento dell’altare; qui egli rimane vittima e sacerdote a nostro favore fino alla fine dei tempi, poiché detiene un sacerdozio eterno: «Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek » (Hb5,5-6).

Dunque, «Cristo, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente? Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza» (Eb9,11-15).

In tal modo Gesù Cristo è il sommo Sacerdote che immola se stesso giornalmente sui nostri altari per offrire al Padre una degna riparazione per nostri peccati. Ce lo fanno capire le sue parole che consacrano il pane – «Prendete, questo è il mio corpo» – e il vino – «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti »(Mc 14,22,24).

In questo appello del Messaggio abbiamo anche l’apparizione di Nostra Signora come la Signora dei Dolori, con un significato che non possiamo non ricordare.

Con lei Dio ha voluto mostrarci il valore della sofferenza, del sacrificio e dell’immolazione per amore. Oggi nel mondo quasi non si vuole sentir parlare di queste verità, tanto si vive in cerca del piacere, delle gioie vane e mondane, delle comodità esagerate. Ma quanto più si fugge alla sofferenza, tanto più ci troviamo immersi nel mare delle afflizioni, dei dispiaceri, delle amarezze e delle pene.

La vita porta con sé il martirio della croce; non c’è nessuno al mondo che non soffra. Abbiamo ereditato il mistero del dolore come conseguenza del peccato commesso dai progenitori del genere umano. «Poiché (…) hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita» (Gn 3,17).

Qui si parla della sofferenza alla quale tutta l’umanità è stata assoggettata.

Gesù Cristo venne a riscattarci attraverso la sofferenza; e sua Madre condivise questa dolorosissima passione come corredentrice, essendoci stata data come madre ai piedi della croce. Nella manifestazione di ottobre del 1917, della quale ci occupiamo qui, lei ci viene rappresentata sotto l’immagine del dolore. La Chiesa la chiama Madre dei Dolori: Nostra Signora del Dolori; perché nel suo cuore ha sofferto il martirio di Cristo, con lui e accanto a lui. A dire il vero è grazie ai meriti di Cristo che ogni sofferenza ha valore e ci purifica dal peccato. È dall’unione con Cristo che la sofferenza può fare di noi vittime gradite al Padre e santificarci.

Maria fu scelta da Dio per essere la Madre di suo Figlio – Madre di Gesù Cristo – e la Madre del suo Corpo Mistico, la Chiesa, che è la sua generazione spirituale. Nella persona di San Giovanni, Gesù l’ha data a tutti noi come madre quando agonizzava dall’alto della croce: « Ecco tua madre» (Gv 19,27). Siamo figli del dolore e dell’amarezza del cuore di Gesù Cristo e del cuore della sua e nostra madre.

È per questo che tutte le sofferenze, unite alla sua completano la nostra donazione e offerta a Dio, e cooperano alla salvezza dei nostri fratelli dispersi. Gesù disse: « E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste lo devo condurre »(Gv 10,16). Per collaborare con Cristo in questa missione, dobbiamo soffrire, lavorare, pregare e amare; perché è attraverso la carità che attireremo i nostri fratelli erranti, come disse il Signore: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). L’amore è la calamita di attrazione delle anime, ed è per esse che offriamo a Dio i nostri sacrifici, le nostre rinunce, le nostre malattie, le nostre pene, i dolori e le angosce fisiche e morali. Per le anime offriamo la nostra consacrazione a Dio, ed è per esse che la nostra preghiera s’innalza ai piedi del suo altare. Pensando ad esse, vogliamo potere dire al Padre, come Cristo e con Cristo: «lo conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto» (Gv 17,12). Poiché costui ha resistito alla tua grazia, si è reso infedele alla tua chiamata e ha disprezzato il tuo amore di Padre, se ancora è possibile, o Padre, salvalo!

Ave Maria!