Per una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli del messaggio di Fatima” scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).
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Terza parte – I COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO ( parte 1° di 2)
I comandamenti si concludono con la carità
Abbiamo percorso ad uno ad uno i comandamenti della Legge di Dio per vedere come dobbiamo osservarli. Abbiamo visto come, osservandoli, possiamo salvarci e, trasgredendoli, condannarci.
E non si può dire come alcuni insensibili, cinici, sconfitti o individualisti: Sono fatti miei!
Ma… se il Cielo intero si è mosso per salvarti! Come puoi affermare che questa faccenda della salvezza della tua anima riguarda solo te? II Figlio del Padre eterno è morto in croce al tuo posto e per tuo conto e ora tu ti consegni all’inferno che gli aveva già vinto?! Smettila con questa insensatezza di sfidare la morte eterna. II Padre del Cielo non vuole perderti: come puoi dimenticarlo, disprezzarlo, annientarlo in te? Il dolore di un Padre, il dolore di tuo Padre, ti lascia totalmente indifferente? Se è così, sei sicuro di essere ancora nel regno dei vivi, o non sarai sceso vivo nel regno dei morti?
È grande la sofferenza di Dio per i peccati dell’uomo! Nella sua apparizione dell’ottobre 1917, Nostra Signora aveva concluso la sequenza delle sue parole dicendo: « Non offendete più Dio Nostro Signore, che è già molto offeso ». Offendiamo Dio quando trasgrediamo la sua Legge, i Comandamenti.
Ma perché Dio si sente così offeso dal peccato contro i suoi Comandamenti? Su Dio in se stesso il peccato propriamente non influisce. Dio continua sempre ad essere quello che è: eternamente felice, grande, potente, immenso, fonte di vita e di tutti i beni. Ma Dio è amore, e con il peccato diminuiamo l’amore: non l’amore di Dio per noi, ma il nostro amore verso Dio. Nel momento in cui trasgrediamo una delle sue leggi, smettiamo di amare Dio, apriamo una falla nell’amore. Come può un figlio dire che ama suo padre, se nella sua stessa casa trasgredisce e disprezza i suoi ordini, i suoi insegnamenti, i suoi benefici e le sue carezze? Può essere – e lo è – un figlio ribelle, non un figlio che ama suo padre.
Ogni amore, che sia vero, richiede sacrificio, rinuncia, richiede donazione e offerta di sé. È stato così che Dio ci ha amati sin dal principio. Ci ha creati a sua immagine e somiglianza, facendoci partecipi della sua vita, dei suoi doni come l’intelligenza, il pensiero, la sapienza, la volontà, la libertà, e ci ha destinati alla vita eterna. Tutta questa partecipazione che egli ci ha concesso dei suoi doni, sia nell’ordine della natura che della grazia, è, da parte di Dio nei nostri confronti, un donarsi, rivelarsi e scendere per amore allo scopo di elevarci, farci crescere, perfezionarci e identificarci con lui.
Da parte nostra, ogni peccato è uno squarcio nell’amore. Quando Dio ci ha visti cadere, un grande amore e una grande compassione si sono accesi in lui per noi; e si è consegnato per il nostro riscatto nella persona di suo figlio, Gesù Cristo, che il Padre ha inviato al mondo per salvarci. Abisso insondabile dell’amore divino, che san Giovanni così descrive: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. (…) Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo » (Gv 1,14-17). Gesù dichiara di essere disceso dal cielo perché questa era la volontà del Padre e di essere venuto per salvarci e darci quella vita eterna che avevamo perso con il peccato: « Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno » (Gv 6,37-40). Quanto il Padre ci ami si vede dal dono che ci ha fatto del proprio Figlio: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio » (Gv 3,16-21).
Così Gesù Cristo è la manifestazione dell’amore del Padre; questo amore è stato inviato al mondo per diffondersi nei cuori dell’umanità e accendere in essi il fuoco della carità che lo infiamma e lo consuma per il bene dei suoi figli, al fine di unirli in uno stesso ideale di vita soprannaturale, di fede e di amore, a colui che li ha creati e salvati. Dio è carità, ci dice San Giovanni: « Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » (1 Gv 4,8-10).
Come si vede, Dio si dà a noi per amore; e questo amore, quando si accende in un cuore, rende tutto soave, tutto dolce, perché spegne il fuoco delle passioni disgregate e spiana il cammino della santità, che consiste nell’osservanza della Legge Divina, per amore. È allora che s’intensifica l’amore tra la persona e Dio, e l’unione si stringe con lacci più forti e incorruttibili, e questo amore diventa la vita della persona. E, condotta da questa fiamma, essa si offre totalmente a Dio e al prossimo, per amore di Dio. Quello che desidera allora la persona è comunicare agli altri il tesoro della grazia e della felicità che ha in sé, vuole spianare loro la strada e aiutarli a camminare affinché possano godere della stessa fortuna che la rende felice: l’amore.
È il comandamento nuovo che Cristo è venuto a portare sulla terra e che fino a quel momento era sconosciuto o mal interpretato: « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri » (Gv 13,34). Cristo ci ha amati e si è consegnato alla morte per noi; in questo modo Cristo è il modello del nostro amore puro, casto, sacrificato per Dio e per i fratelli; è il modello della nostra offerta, della nostra consacrazione e della nostra fedeltà a Dio e al prossimo. Con queste parole non sto pensando solo ai religiosi e alle religiose, ma a tutti, perché con il battesimo tutti siamo consacrati e dedicati ad una vita soprannaturale di amore a Dio e al prossimo.
Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato questa legge: « Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore. Osserverete le mie leggi » (Lv 19,18-19). Sì, Dio aveva ordinato l’amore al prossimo; aveva chiesto l’amore verso di Lui: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte » (Dt 6,4-9).
Benché questo comandamento fosse così esplicito nella Legge Antica, fu male interpretato e deturpato, come Gesù fece vedere agli scribi e ai farisei a proposito del precetto che ordina di onorare il padre e la madre: « Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini » (Mt 15,6-9). Un’altra prova della confusione e difficoltà che gli uomini hanno creato attorno alla legge di Dio è evidente nella seguente domanda che un dottore della legge, insieme ad altri, ha diretto a Gesù: « Maestro, qual è il più grande comandamento della legge? Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” » (Mt 22,36-40). …….