Per una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli del messaggio di Fatima” scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).
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Settimo appello del Messaggio: « Offrite costantemente all’Altissimo orazioni e sacrifici (parte 2 di 2)
……Secondo quanto ho sentito da vari commentatori, in questa sua affermazione Gesù Cristo si riferisce ai ricchi avari che si preoccupano solo di accumulare ricchezze, per cui evitano di spendere e si rifiutano di dividere il superfluo con i fratelli bisognosi. Proprio questo ci insegna il Signore quando descrive, a proposito del giudizio finale, i motivi della terribile condanna al supplizio eterno, applicata a coloro che sono situati alla sua sinistra: « “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. (…)” In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,41-46).
Ricordiamoci tutto questo quando Dio ci chiede nel messaggio di Fatima: Sacrificatevi; e con ciò che avete di superfluo, e non vi serve, aiutate i vostri fratelli che non hanno il necessario e muoiono di fame e di freddo. E’ la rinuncia e il sacrificio che Dio ci chiede e pretende da noi; se non ci sacrifichiamo in questa vita, saremo sacrificati nella vita eterna, e non solo per aver fatto il male, ma anche perché non abbiamo fatto il bene: « “Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ero nudo e non mi avete vestito… Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”. Per salvarci non basta evitare di fare il male, ma si richiede anche la virtù dell’esercizio del bene che tutti abbiamo il dovere di praticare.
C’è poi un’altra serie di piccoli sacrifici che possiamo, e fino a un certo punto dobbiamo, offrire a Dio. Non perché sono piccoli sono meno graditi a Dio e meno meritevoli e fruttuosi per noi, perché con essi dimostriamo la delicatezza della nostra fedeltà e del nostro amore a Dio e al prossimo. La loro pratica ci arricchisce di grazia, ci fortifica nella fede e nella carità, ci rende degni di fronte a Dio e al prossimo, e ci libera dalla tentazione e dall’egoismo, dall’avidità, dall’invidia e dal desiderio di comodità.
E’ la generosità delle piccole cose, abituali e presenti in ogni momento; è la perfezione del momento presente. Così:
1. Recitare la nostra preghiera con fede e attenzione, evitando per quanto possibile le distrazioni; con rispetto, rendendoci conto che stiamo parlando con Dio; recitarla con fiducia e amore, perché stiamo trattando con colui che sappiamo amarci e che vuole aiutare la nostra debolezza, come un padre che dà la mano al figlio piccolino per aiutarlo a camminare: davanti a Dio siamo sempre figli molto deboli, piccoli, fiacchi nella pratica della virtù, inciampiamo e cadiamo ad ogni istante, perciò abbiamo bisogno che il nostro buon padre ci dia la mano e ci aiuti ad alzarci e a camminare sulla via della santità.
Che la nostra preghiera sia recitata in chiesa, in casa, durante un viaggio, in campagna o per le strade… In ogni parte c’è Dio, che vede e ascolta le nostre suppliche, le nostre lodi e ringraziamenti. Così ci insegna Gesù Cristo nella sua risposta alla Samaritana che gli pone il seguente dubbio: « ”I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo.(…) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” » (Gv 4,19-24).
Dio vuole che la nostra preghiera sia recitata con verità, rendendoci conto di cosa siamo, della nostra povertà, del nostro nulla di fronte a lui; rendendoci conto di ciò che chiediamo e promettiamo con sincerità, disposti a compiere le nostre promesse. Che le nostre lodi e ringraziamenti a Dio siano l’espressione della verità sentita nell’intimità del nostro cuore, con spirito di fede, di amore e di fiducia. Dio non si contenta di parole vane, vuote e senza senso, o di formule studiate per essere applauditi dalle creature. Ma la nostra preghiera deve essere umile e accompagnata dallo spirito di sacrificio.
Molte volte, sarà necessario sacrificare un po’ del nostro riposo; forse alzarsi un po’ prima per andare in chiesa a prendere parte alla Celebrazione Eucaristica; o la sera, prima del riposo, disporre di qualche minuto per recitare il rosario, fare il sacrificio di spegnere la radio o la televisione. E’ la rinuncia ai propri piaceri e capricci che Dio ci chiede; e, come è stato detto prima, se non vogliamo sacrificarci in questa vita, dovremo sacrificarci nella vita eterna, perché, se non ci salveremo con l’innocenza, ci salveremo solo con la preghiera e la penitenza.
2. Offrire a Dio in sacrificio qualche piccolo piacere nell’alimentazione, in modo da non danneggiare le forze fisiche delle quali abbiamo bisogno per poter lavorare. Così, per esempio, sostituire un frutto che ci piace con uno meno gradevole, un dolce… o una bevanda; sopportare la sete per un certo periodo di tempo e poi saziarla sì, ma con una bevanda meno gradevole; astenerci dall’alcol, almeno evitare di prenderli in eccesso.
Quando ci serviamo, noi scegliamo il meglio. Ma, se non possiamo lasciarlo da parte senza dare nell’occhio, prendiamolo con semplicità e senza preoccupazione, rendendo grazie a Dio per le ghiottonerie che ci offre, perché non possiamo neppure credere che Dio, da buon padre quale è, sia contento di noi solo quando ci vede mortificati. Dio ha creato le cose buone per i suoi figli, e gli piace vedere che se ne servono, senza abusarne e dopo aver compiuto il loro dovere nel lavoro per meritarle; e prendiamole con riconoscenza e amore per colui che ci ha colmati dei suoi doni.
3. Il sacrificio che possiamo e dobbiamo fare a Dio nell’abbigliamento: sopportare un po’ di freddo o di caldo, senza lamentarci; se ci troviamo in uno stesso luogo con altre persone, lasciare che le porte e le finestre siano aperte o chiuse a loro piacimento. Vestire con decenza e modestia, senza diventare schiavi dell’ultimo grido della moda; e rifiutarla ogni volta che non è conforme a quelle due virtù per non diventare col nostro modo di vestire uno stimolo al peccato, ricordandoci che di fronte a Dio siamo responsabili dei peccati che gli altri commettono per causa nostra.
Dobbiamo perciò vestire secondo la morale cristiana, la dignità personale e la solidarietà con gli altri, offrendo a Dio il sacrificio dell’esagerazione e della vanità; e a proposito della vanità, saper offrire a Dio il sacrificio dell’ornamento esagerato di molti gioielli, senza i quali possiamo vivere benissimo e aiutare con il loro valore i nostri fratelli bisognosi. Invece di un tessuto molto ricco e costoso, accontentiamoci di uno più semplice e di minor prezzo, economizzando così per poter meglio aiutare i nostri fratelli che non hanno di che coprirsi.
4. Sopportare con serenità le contrarietà che insorgono sul nostro cammino: a volte sarà una parola sgradevole, irritante, molesta; altre volte un sorriso ironico, un disprezzo, una contraddizione, una esclamazione, una mancanza di considerazione; altre volte ancora sarà un’incomprensione, un rimprovero, un rifiuto, una mancanza di attenzione, una dimenticanza, un’ingratitudine, ecc.
E necessario allora saper sopportare, offrire a Dio il nostro sacrificio, e lasciar perdere: lasciar passare come se si fosse ciechi, sordi, muti, per vedere meglio, parlare con maggior ragione e ascoltare la voce di Dio. Lasciare che all’apparenza prevalgano gli altri; dico: all’apparenza, perché in realtà prevale colui che sa sopportare in silenzio per amore di Dio. Lasciare volentieri che altri occupino i primi posti, che il meglio sia per loro, che godano e trionfino con il frutto dei nostri lavori, dei nostri sacrifici, delle nostre attività, della nostra capacità, del nostro spogliamento, e direi persino della nostra virtù, come se fossero cose loro, contentandoci di essere umili e sacrificati per amore di Dio e del prossimo.
Sopportare volentieri la compagnia di coloro che ci sono antipatici e sgraditi, di coloro che ci contraddicono, infastidiscono e annoiano con domande indiscrete o forse malintenzionate; ripagarli con un sorriso, un servizio, un favore, perdonando e amando, con il nostro sguardo rivolto a Dio. Questa rinuncia a noi stessi è forse il sacrificio più difficile per la povera natura umana, e anche il più gradito a Dio e meritevole per noi.
5. Ci sono poi le penitenze e sacrifici esterni: obbligatori alcuni, volontari altri.
Sono sacrifici obbligatori per esempio le astinenze e digiuni stabiliti dalla Chiesa. Ma possiamo e dobbiamo non limitarci a questo, che in verità è ben poca cosa di fronte alla necessità che abbiamo tutti di fare penitenza per i nostri peccati e per quelli del prossimo.
Esistono alcuni strumenti di penitenza che sono stati usati da molti santi, come solo le discipline, i cilici, ecc. Queste penitenze si praticano, con il consenso del proprio confessore unendosi a Cristo flagellato, legato con corde, coronato di spine. Se Cristo ha sofferto così per noi, è più che giusto che facciamo qualcosa per lui e per la sua opera redentrice.
In spirito di penitenza si usa anche pregare con le braccia in croce, unendosi a Cristo crocifisso, o pregare prostrati con la fronte a terra, umiliandosi così in presenza di Dio che abbiamo osato offendere, noi che nulla siamo in sua presenza.
Anche se non obbligatorie, queste penitenze si rendono necessarie in molti casi; per esempio, per vincere nature focose che trascinano verso il peccato, o tentazioni violente del mondo, del demonio, dell’orgoglio e della carne.
Gesù Cristo, da persona divina quale era, non poteva peccare, e tuttavia ci ha dato un grande esempio di vita penitente. Prima di iniziare la sua vita pubblica ha passato 40 giorni nel deserto in preghiera e digiuno. Durante la sua vita pubblica, i vangeli ci mostrano che spesso si ritirava dalle folle per recitare da solo con il Padre la sua preghiera. E prima di consegnarsi alla morte rimase a lungo in preghiera nell’Orto degli Ulivi.
E noi, così poverelli e deboli, possibile che non abbiamo bisogno di pregare? Ne abbiamo bisogno… e molto! E’ nella preghiera che ci incontriamo con Dio; ed è in questo incontro che ci viene comunicata la grazia e la forza necessaria per rinunciare a noi stessi, nella pratica del sacrificio che ci è stata chiesta: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quando stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).
Gesù Cristo ci indica qui la grande necessità che abbiamo di sacrificarci, perché senza lo spirito di rinuncia personale non entreremo nella vita eterna.
“Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici“.
Ave Maria!