Categories: Chiamata all'impegno

Pia pratica “Primi cinque sabati del mese” e Novena alla Natività della Beata Vergine Maria

✻ PIA PRATICA PRIMI CINQUE SABATI DEL MESE – NOVENA ALLA NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA 

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Pia pratica “Primi cinque sabati del mese”

Accogliamo l’invito della Santissima Madre!

Suor Lucia, nel suo libro “Memorie”, racconta che il 10 dicembre 1925 ha una apparizione: ” Mi apparve la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, la Madonna gli teneva la mano sulla spalla e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse:

” Abbi compassione del Cuore Immacolato della tua Santissima Madre, che sta coperto di spine che gli uomini ingrati in tutti i momenti Vi infiggono, senza che ci sia chi faccia un atto di riparazione per strapparle“. 

e subito la Vergine santissima aggiunse:

Guarda, figlia mia, il Mio Cuore coronato di spine che gli uomini ingrati a ogni momento Mi conficcano, e dì che tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno un rosario, e Mi faranno 15 minuti compagnia meditando sui 15 misteri del rosario, coll’intenzione di darMi sollievo, Io prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime“.

SECONDO MESE

Vedi Santo Rosario – Cenacolo familiare

Meditazione sui misteri della Luce 

di San Giovanni Paolo II

Nel 1° Mistero della Luce contempliamo il Battesimo di Gesù nel Giordano 


Ed ecco in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba (Marco 1, 9-10).

Dio fa risuonare per noi la sua voce

Con quest’evento si inaugura la missione pubblica del Messia, che a tutti si manifesta come «il Figlio prediletto del Padre» da ascoltare, da accogliere, da seguire. Gesù resta con noi, in ciascuno di noi, come nostro Salvatore. La sua salvezza ci giunge per mezzo della fede e della grazia del Battesimo, sacramento fondamentale della Chiesa. […] La Chiesa ha infatti coscienza che la sua missione profetica, sacerdotale e regale ha origine dal Battesimo: da esso prende forza il compito di testimoniare e diffondere a tutti gli uomini, raggiunti dal suo annuncio missionario, la salvezza operata da Cristo, «Figlio prediletto del Padre». Col Battesimo il cristiano accoglie il Salvatore e, in virtù dell’acqua e dello Spirito, cammina sulla strada dell’amore di Dio, essendo stato rinnovato profondamente a immagine di Colui che s’è manifestato nella nostra carne mortale.

Cari fratelli e sorelle, non dimenticate mai il dono ricevuto e l’alta missione a voi affidata il giorno del vostro Battesimo. Non dimenticatelo soprattutto voi, genitori, padrini e madrine dei bambini chiamati dalla bontà del Padre celeste a partecipare all’eredità immarcescibile dei redenti. In voi, queste tenere creature, rinnovate dalla forza dello Spirito, possano sempre incontrare testimoni coraggiosi e veri “padri” nell’itinerario della vita cristiana. L’acqua del Battesimo li libera dalla schiavitù del peccato originale e li introduce nella pienezza della vita di Dio, manifestata in Gesù Cristo e da lui comunicata alla sua Chiesa attraverso il mistero della sua morte e risurrezione. Proprio perché inseriti nella Chiesa, questi bambini diventano membra vive del corpo stesso di Cristo, nostri fratelli nella fede, coeredi con noi della salvezza e compartecipi sin da questo momento della nostra comune missione del mondo. [La parola di Dio] presentandoci la teofania del Giordano, ci mostra il Messia come colui che ridona la vista ai ciechi e la libertà ai prigionieri. In questa occasione il Padre proclama solennemente Gesù come il suo “Figlio prediletto” e sancisce così il passaggio definitivo dall’Antico al Nuovo Testamento: dal battesimo di Giovanni – segno di penitenza e di conversione in attesa del compimento delle promesse messianiche – al Battesimo di Gesù, in «Spirito e fuoco» (Lc 3,16). Quindi è lo Spirito Santo l’artefice del Battesimo dei cristiani: di noi stessi, come tra poco di questi bambini. È lui che fa risuonare nel nostro spirito la Parola rivelatrice del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». È lui, lo Spirito Santo, che apre gli occhi del cuore alla Verità, a tutta la Verità. È lui, lo Spirito Santo, che spinge la nostra vita sul sentiero rinnovato della carità. È lui, lo Spirito Santo, il dono straordinario e incommensurabile che il Padre fa a ciascuno [dei battezzati]. È lui, lo Spirito Santo, che ci riconcilia con la tenerezza del perdono divino e ci pervade totalmente con la forza della verità e dell’amore. Cari fratelli e sorelle, [questa] effusione di Spirito Santo, deve dunque riempirci di gioia spirituale e spingerci a un rinnovato impegno di vita cristiana. In effetti, il Battesimo è vita da trasmettere, luce da comunicare. Ribadiamo pertanto la nostra fedele adesione a Gesù, unico Salvatore che si manifesta nella pienezza della sua missione messianica. «Concedi, o Padre, a noi tuoi fedeli», così preghiamo […], «di ascoltare come discepoli il Cristo, per chiamarci ad essere realmente tuoi figli».

Omelia 7 Gennaio 1990

Nel 2° Mistero della Luce contempliamo Gesù alle nozze di Cana 

Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse:”Non hanno vino”. E Gesù le rispose:” Donna, che vuoi da me?Non è ancora giunta la mia ora”.Sua madre disse ai servitori:”Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Giovanni 2, 1-5).

Qualsiasi cosa vi dica, fatela

Ancora una volta prendiamo parte alle nozze che i si celebrano, e alle quali venne invitato Gesù, insieme a sua madre e ai discepoli. Questo dettaglio fa pensare che il banchetto nuziale ebbe luogo in casa di conoscenti di Gesù, poiché anch’Egli crebbe in Galilea. Umanamente parlando, chi avrebbe potuto prevedere che una tale occasione avrebbe, in un certo senso, rappresentato l’inizio della sua attività messianica? Eppure è cosi. Fu lì, infatti, a Cana, che Gesù, sollecitato da sua madre, compi il primo miracolo, trasformando l’acqua in vino.

L’evangelista Giovanni, testimone oculare dell’evento, ha descritto dettagliatamente lo svolgersi dei fatti. Nella sua descrizione tutto appare pieno di profondo significato. E, dato che siamo qui riuniti per partecipare all’Incontro Mondiale delle Famiglie, dobbiamo scoprire poco a poco questi significati. Il miracolo operato a Cana di Galilea, come altri miracoli di Gesù, costituisce un segnale: mostra l’azione di Dio nella vita dell’uomo. È necessario meditare su questa azione, per scoprire il senso più profondo di ciò che lì avvenne.

Il banchetto nuziale di Cana ci porta a riflettere sul matrimonio, nel mistero del quale è inclusa la presenza di Cristo. Non è forse legittimo vedere nella presenza del Figlio di Dio in quella festa di nozze, un indizio del fatto che il matrimonio dovrebbe essere un segno efficace della sua presenza? (…)

Come leggiamo nel Libro della Genesi, l’uomo lascia suo padre e sua madre, e si unisce a sua moglie per costituire, in un certo senso, con lei un corpo solo (cfr Gn 2,24). Cristo ripeterà queste parole del Vecchio Testamento parlando ai farisei, che gli facevano domande riguardo all’indissolubilità del matrimonio. Essi si riferivano alle prescrizioni della Legge di Mosè, che permettevano, in certi casi, la separazione dei coniugi, ossia il divorzio.

Cristo rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). E citò le parole del Libro della Genesi: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina… Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,4-6).

Alla base di tutto l’ordine sociale si trova quindi questo principio di unità e indissolubilità del matrimonio, principio su cui si fonda l’istituzione della famiglia e tutta la vita familiare. Tale principio riceve conferma e nuova forza nell’elevazione del matrimonio alla dignità di sacramento.

E quale grande dignità, carissimi fratelli e sorelle!

Si tratta della partecipazione alla vita di Dio, ossia della grazia santificante e delle innumerevoli grazie che corrispondono alla vocazione al matrimonio, all’essere genitori e a quella familiare. L’evento di Cana di Galilea sembra condurci proprio a questo. La mirabile trasformazione dell’acqua in vino! Ecco che l’acqua, la nostra bevanda più comune, acquista, grazie all’azione di Cristo, un nuovo carattere: diventa vino, quindi una bevanda in un certo senso di maggior pregio. Il significato di questi simboli – dell’acqua e del vino – trova la sua espressione nella Santa Messa. Durante l’Offertorio, unendo un po’ d’acqua al vino, chiediamo a Dio, mediante Cristo, di partecipare alla sua vita nel Sacrificio Eucaristico. Il matrimonio, l’essere genitori, la maternità, la paternità, la famiglia: tutto questo appartiene all’ordine della natura, da quando Dio ha creato l’uomo e la donna; e tutto questo, mediante l’azione di Cristo, viene elevato all’ordine soprannaturale. Il sacramento del matrimonio diventa il modo di partecipare alla vita di Dio. L’uomo e la donna che credono in Cristo, che si uniscono come coniugi, possono, da parte loro, confessare: i nostri corpi sono redenti, è redenta l’unione coniugale.

Vengono redenti l’essere genitori, la maternità, la paternità e tutto ciò che porta con sé l’impronta della santità.

Omelia 4 ottobre 1997

Nel 3° Mistero della Luce contempliamo l’annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione 

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:” Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” ( Marco 1, 14-15).

Compimento di promesse

«Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Queste parole, fin dall’inizio del Vangelo di Marco, vengono riportate quasi per riassumere brevemente la missione di Gesù di Nazaret, colui che è «venuto per annunziare la buona novella». Al centro del suo annuncio si trova la rivelazione del Regno di Dio, che si è avvicinato ed anzi è entrato nella storia dell’uomo («Il tempo è compiuto»).

Proclamando la verità sul Regno di Dio, Gesù annuncia nello stesso tempo il compimento delle promesse contenute nell’Antico Testamento. Del Regno di Dio, infatti, parlano spesso i versetti dei salmi (cfr Sal 103 [102], 19; Sal 93 [92],1). Il salmo145 (144) canta la gloria e la maestà di questo regno e indica contemporaneamente la sua durata eterna: «Il tuo Regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione» (Sal145 [144],13). I successivi libri dell’Antico Testamento riprendono questo tema. In particolare si può ricordare l’annuncio profetico, particolarmente eloquente, del libro di Daniele: «… il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto le non sarà trasmesso ad altro popolo): stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre» (Dn 2,44). (…]

L’inizio della Chiesa, la sua istituzione da parte di Cristo, si iscrive nel Vangelo del Regno di Dio, nell’annuncio della sua venuta e della sua presenza tra gli uomini. Se il regno di Dio si è reso presente tra gli uomini grazie all’avvento di Cristo, alle sue parole e alle sue opere, è anche vero che, per espressa volontà sua, «il regno di Dio è presente già ora in mistero nella Chiesa, che per virtù di Dio cresce visibilmente nel mondo» (Lumen gentium, 3).

Gesù fece conoscere in vari modi ai suoi ascoltatori la venuta del regno di Dio. Sono sintomatiche le parole da lui pronunciate a proposito della “cacciata del demonio” dagli uomini e dal mondo: «Se… io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio» (cfr Lc 11,20). Il regno di Dio significa, infatti, la vittoria sulla potenza del male che è nel mondo e di colui che ne è l’oscuro artefice principale. Si tratta dello spirito delle tenebre, padrone di questo mondo; si tratta di ogni peccato, che nasce nell’uomo per effetto della sua volontà cattiva e sotto l’influsso di quella presenza arcana e malefica. Gesù, che è venuto per rimettere i peccati, anche quando guarisce dalle varie malattie avverte che la liberazione dal male fisico è il segno della liberazione dal male ben più grave che ingombra l’anima dell’uomo. Ciò è stato ampiamente spiegato nelle catechesi precedenti. I vari segni della potenza salvifica di Dio offerti da Gesù con i miracoli, connessi alla sua parola, aprono la strada alla comprensione della verità sul regno di Dio in mezzo agli uomini. Egli spiega questa verità servendosi specialmente delle parabole, tra le quali si trova quella del seminatore e del seme seminato. Il seme è la parola di Dio che può essere accolta in modo da attecchire nel terreno delle anime umane oppure, per diversi motivi, o non essere accolta o non in modo tale da poter maturare e dare frutto in tempo opportuno (cfr Mc 4,14-20). Ma, ecco un’altra parabola, che ci mette di fronte al mistero dello sviluppo del seme ad opera di Dio: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga» (cfr Mc 4,26-28). È la potenza di Dio che «fa crescere» dirà san Paolo (1Cor 3,6s) e anzi, come scrive l’apostolo, è lui che dà «il volere e l’operare»! (Fil 2,13). […]

Il Regno che Gesù, come Figlio di Dio incarnato, ha inaugurato nella storia dell’uomo, essendo di Dio, si stabilisce e cresce nello spirito umano con la potenza della verità e della grazia, che provengono da Dio, come ci hanno fatto intendere le parabole del seminatore e del seme che abbiamo riassunto. Cristo è il seminatore di questa verità. Ma in definitiva sarà per mezzo della croce che celi realizzerà la sua regalità e compirà la sua opera di salvezza nella storia dell’umanità: «lo, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).

Udienza 15 Giugno 1988

Nel 4° Mistero della Luce contempliamo la trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor 

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante (Luca 9, 28-29).

Trasfiguriamo la nostra umanità

Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti» (Mt 17,9). Con queste parole termina il Vangelo della Trasfigurazione del Signore […]. La trasfigurazione è un evento singolare nella vita di Gesù. Proprio durante la preghiera sul Monte Tabor Cristo viene glorificato dal Padre. È uno dei pochi momenti del Vangelo in cui parla il Padre stesso. Di solito Gesù parla al Padre, oppure a Lui si rivolge; invece in questo caso è il Padre stesso a parlare, come era avvenuto in occasione del battesimo presso il Giordano: «E dalla nube uscì una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”» (Lc 9,35).

Nel brano evangelico, contemporaneamente alla voce del Padre avviene una singolare trasformazione esteriore, quasi “un’estasi” del tutto particolare: il volto di Gesù cambia d’aspetto e la sua veste diventa candida e sfolgorante. In tal modo il Signore è avvolto anche esteriormente dalla luce e dalla potenza stessa di Dio. A tutto ciò si accompagna l’apparizione gloriosa di Mosè e di Elia, Quali parlano della dipartita di Cristo, che si compirà a Gerusalemme. Si tratta qui certamente della sua dipartita mediante la passione e la croce, a cui seguiranno la resurrezione e l’ascensione al cielo. La Trasfigurazione sul monte Tabor è, in un certo senso, l’anticipazione di tale gloriosa dipartita. Gesù viene glorificato davanti agli occhi di Pietro, Giacomo e Giovanni, che partecipano così al carattere beatifico della Trasfigurazione del Signore. È quanto esprimono le parole di Pietro: «Maestro, è bello per noi stare qui»; e le successive: «Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Lc 9,33). La presenza di entrambi questi importanti personaggi della storia sacra indica indirettamente che Gesù è il compimento delle attese da essi testimoniate nell’Antica Alleanza.

[…] La Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor  costituì come una preparazione alla sua risurrezione. Poco dopo, infatti, Gesù doveva recarsi, insieme con gli apostoli, a Gerusalemme per affrontarvi la passione e la croce. La Pasqua doveva diventare per gli apostoli l’esperienza fondamentale. Cristo si trasfigura davanti ai loro occhi quasi per anticipare tale esperienza. Parlando della passione e della croce, Gesù aggiungeva sempre: e il terzo giorno il Figlio dell’uomo risorgerà (cfr Lc 9,22). Nella Trasfigurazione questo annuncio si trasforma nella visione di ciò che sarà il corpo di Cristo dopo la risurrezione: sarà un corpo glorioso. Il Padre, nella sua provvidenza, prepara così gli apostoli alla dolorosa esperienza della Settimana Santa. E come se volesse dire: sarete testimoni delle terribili sofferenze del Figlio, testimoni della sua morte in croce. Non perdetevi d’animo, però! Tutto questo conduce alla risurrezione. La Trasfigurazione del Signore costituisce uno speciale segno dell’economia salvifica di Dio, rivelatasi in tutta la vita, nella morte e nella risurrezione di Cristo. In questo spirito san Paolo, scrivendo ai Filippesi, può esortare a comportarsi seguendo il modello di Cristo, a vincere, cioè, in se stessi, guardando a lui, l’ostilità verso la croce, per essere disposti ad accettarla, sapendo per fede che proprio in essa si trovano la speranza della risurrezione e l’annuncio della salvezza. Paolo termina questa esortazione con incoraggianti parole: «Fratelli miei carissimi….. rimanete saldi nel Signore così come avete imparato»! (Fil 4,1).

Nella Lettera ai Filippesi l’Apostolo ha delle affermazioni che costituiscono quasi un commento bello e completo al mistero della Trasfigurazione del Signore. Tale mistero ha indubbiamente avvicinato agli occhi degli apostoli la dimensione definitiva della vocazione evangelica, che è vocazione a vivere in Dio: «La nostra patria invece è nei cieli», scrive l’Apostolo. E aggiunge: «E di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose» (Fil 3,20-21). La Trasfigurazione del Signore è segno proprio di questa divina potenza, entrata nella storia dell’uomo insieme con la venuta di Cristo. Essa ha il potere di trasformare l’umanità a somiglianza di Dio stesso, il potere di divinizzare l’uomo. La trasfigurazione del Signore è segno e simbolo di questo potere di Dio. […] Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore indica che ogni sforzo ascetico, legato a questo tempo, è ordinato alla trasfigurazione della nostra umanità, alla sua elevazione in Dio.

Omelia, 15 marzo 1995

Nel 5° Mistero della Luce contempliamo l’istituzione dell’Eucarestia 

“Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati” (Matteo 26, 26-28).

Maria e l’atteggiamento eucaristico

Come immaginare i sentimenti di Maria. Ascoltate dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri Apostoli le parole dell’Ultima Cena: «Questo è il mio corpo che è dato per voi» (Lc 22,19). Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l’Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce. «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).

Nel «memoriale» del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore.

A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: «Ecco tuo figlio!». Ugualmente dice anche a ciascuno di noi: «Ecco tua madre!» (cfr Gv 19,26-27). Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica è unanime, sin dall’antichità, nelle Chiese dell’Oriente  e dell’Occidente.

Nell’Eucaristia la Chiesa si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di Maria. È verità che si può approfondire rileggendo il Magnificat in prospettiva eucaristica. L’Eucaristia, infatti, come il cantico di Maria, è innanzitutto lode e rendimento di grazie. Quando Maria esclama «L’anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio mio salvatore», ella porta in grembo Gesù. Loda il Padre «per» Gesù, ma lo loda anche «in» Gesù e «con» Gesù. È precisamente questo il vero «atteggiamento eucaristico».

Ecclesia de Eucharistia, 54-56

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Novena alla Natività della Beata Vergine Maria

Questa devozione è stata insegnata dalla Vergine stessa a Santa Geltrude.

4° GIORNO

Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

(Leggere la preghiera iniziale e recitare poi 30 Ave Maria per ogni giorno della Novena; si diranno in tutto 270 Ave Maria in memoria dei giorni che Maria Santissima rimase nel seno di sua madre Sant’Anna.)

Preghiera

Gloriosissima Vergine e clementissima Madre di Dio, Maria, eccomi prostrato ai tuoi santissimi piedi, come servo umile e tuo indegno devoto. Ti prego dal più profondo del mio cuore di degnarti di ricevere queste mie piccole lodi e fredde benedizioni che Ti offro con questa santa novena; sono preghiere che cercano di unirsi a quelle numerose e fervorose che gli Angeli e i Santi innalzano a Te ogni giorno. In cambio Ti supplico di concedermi che, come Tu sei nata al mondo per essere Madre di Dio, rinasca anch’io alla Grazia per essere tuo figlio in modo che amando Te dopo Dio sopra ogni altra cosa creata e servendoti fedelmente sulla terra, possa un giorno venire a lodarti e benedirti per sempre in Cielo.-

Le prime dieci Ave Maria con la frase:

Ave, o Maria, piena di grazia. il Signore è con Te.
“Sia benedetto, o Maria, quel felicissimo istante in cui sei stata concepita senza macchia originale”. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

Le seconde dieci Ave Maria con la frase:

Ave, o Maria, piena di grazia. il Signore è con Te.
“Sia benedetto, o Maria, quel beatissimo tempo in cui sei rimasta nel seno di tua madre Sant’Anna”. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

Le terze dieci Ave Maria con la frase:

Ave, o Maria, piena di grazia. il Signore è con Te.
“Sia benedetto, o Maria, quel fortunatissimo momento in cui sei nata al mondo per essere Madre di Dio”. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

Salve Regina.

(Fonte novena: https://rosarioonline.altervista.org/ – Fonte immagine: https://www.sursumcorda.cloud/)