Per una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli del messaggio di Fatima” scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).
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Terza parte – I COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO
Non desiderare la donna del prossimo
« Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo (…) né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo» (Dt5,18).
Tale è il disordine che c’è in giro per il mondo contro questo comandamento che chiedo a me stessa: vale ancora la pena parlarne? La risposta è affermativa; perché, anche se tutto il mondo affogasse nell’abisso, la parola di Dio seguita a ripetere: « Non desiderare la moglie del tuo prossimo!».
Il peccato commesso contro questo comandamento è così grave che, nell’Antico Testamento, era punito con la morte: « Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte » (Lv 20,10); e in un altro passo: « Quando un uomo verrà colto in fallo con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l’uomo che ha peccato con la donna e la donna » (Dt 22,22).
Nel discorso della montagna, Gesù Cristo parlando alla folla che si era riunita intorno a lui disse: « Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,27-28). Come vediamo, Dio proibisce non solo l’atto in sé, ma anche il desiderio e la voglia, perché sono questi che portano poi a consumare l’atto. E il divino Maestro concluse la sua affermazione con questa raccomandazione estrema: « Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna » (Mt 5,29). Nella misura estrema indicata, Gesù ha voluto significare la gravità di questo peccato e come per esso si incorre nella pena della condanna eterna.
Il peccato contro questo comandamento porta con sé la violazione di altri due, ossia quello che ordina la castità e quello che proibisce il furto; infatti, appropriarsi di qualcuno che appartiene o è affidato ad altri è furto. Un simile atto è contro la giustizia e contro la carità. Perciò Dio prosegue questo comandamento elencando una serie di elementi da non desiderare: « Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo (…) né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo» (Dt5,18).
La legge del divorzio civile, che molti paesi ammettono, è in contraddizione con la legge di Dio che stabilisce come indissolubile il vincolo matrimoniale: « Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi » (Mt 19,6). San Paolo, volendo parlare dei limiti specifici della legge, porta il caso concreto dell’unione del marito e della moglie che solo la morte di uno dei due può rompere: « La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito. Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo » (Rm 7,2-3).
Lo stesso apostolo non ci nasconde la terribile sorte riservata ai trasgressori: « Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolàtri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro » (Ef 5,5-7). Così scriveva ai cristiani di Corinto: «Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi. Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme » (1 Cor 5,9-11).
San Paolo ci ricorda il richiamo che Dio ci ha fatto alla santità: « Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito» (1 Ts 4,3-8).
A proposito dell’affermazione paolina che dice: « Il Signore è vindice di tutte le cose », ecco una pagina del libro del profeta Geremia, dove Dio stabilisce l’estinzione del suo popolo infedele: « Perché ti dovrei perdonare? I tuoi figli mi hanno abbandonato, hanno giurato per chi non è Dio. lo li ho saziati ed essi hanno commesso adulterio, si affollano nelle case di prostituzione. Sono come stalloni ben pasciuti e focosi; ciascuno nitrisce dietro la moglie del suo prossimo. Non dovrei forse punirli per questo? Oracolo del Signore. E di un popolo come questo non dovrei vendicarmi? Salite sui suoi filari e distruggeteli, compite uno sterminio; strappatene i tralci, perché non sono del Signore » (Ger 5,7-10).
La storia del re Davide narra che egli peccò contro questo comandamento; e siccome in genere un peccato trascina verso molti altri, egli violò anche il precetto che proibisce di appropriarsi dei diritti del prossimo, il comandamento che ordina ad ognuno di mantenersi casto secondo il suo stato, il comandamento che proibisce di attentare alla vita del prossimo, ecc. Dio ebbe misericordia di lui e gli inviò il profeta Natan per mostrargli i suoi peccati e annunciargli i castighi con i quali Dio aveva deciso di punirlo. Nell’ascoltare il profeta, Davide si penti e fece penitenza. Perciò Dio gli mandò a dire: « II Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire » (2 Sam 12,13-14).
Nel Nuovo Testamento anche san Giovanni Battista dovette riprendere il re Erode perché teneva con sé la moglie di suo fratello Filippo, e gli disse: « Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello » (Mc 6,18). Ma a lui lo zelo per la legge di Dio valse la palma del martirio: fu incarcerato e, su richiesta della donna adultera, decapitato.
Quanto mi sentirei felice io se Dio mi concedesse simile grazia di dare la vita in difesa della sua legge, e se, dandola, gli uomini a imitazione di Davide, riconoscessero i propri peccati, chiedessero perdono a Dio, si correggessero e facessero penitenza per poter così essere salvi per la vita eterna!
Non ci illudiamo pensando o dicendo che queste leggi di Dio sono state date solo agli Israeliti, come popolo scelto da Dio per essere salvato. Gesù Cristo nel vangelo ci dice che non è venuto per abolire la legge, ma per completarla e perfezionarla. E ha mandato i suoi apostoli a portarla ed insegnarla a tutto il mondo, affinché tutti potessero essere salvi: « Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato » (Мс 16,15-16).
L’ordine che Gesù Cristo ha dato ai suoi apostoli dimostra che tutti apparteniamo al popolo di Dio: siamo stato scelti, o meglio, creati per essere salvati, se vogliamo credere, ricevere il battesimo e compiere la legge di Dio. Sì, è necessario compiere la legge di Dio, come ci dice Gesù: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto » (Mt 5,17-18). E resterà fino all’ultimo giorno, quando sarà questa stessa parola di Dio a dettare la sentenza di condanna contro il trasgressore: « Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. (…) La parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno » (Gv 12,47-48).
Vediamo, così, che con l’osservanza della legge di Dio ci salviamo e con la sua trasgressione ci condanniamo. È vero che Dio è un Padre buono e sempre disposto ad accogliere il peccatore pentito, ma solo quando vede nel suo cuore il dispiacere per averlo offeso e il proposito di cambiare vita. È per queste anime che il Signore ha detto: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Mt 9,12-13). Sì, perché i giusti seguono già le vie del Signore; sono i peccatori, che si allontanano dalla retta via, che hanno bisogno di essere richiamati e attratti sulle strade della verità, della purezza, della giustizia e dell’amore di Dio.
Ave Maria!