Categories: Chiamata all'impegno

Pia pratica “Primi cinque sabati del mese”

Accogliamo l’invito della Santissima Madre!

Suor Lucia, nel suo libro “Memorie”, racconta che il 10 dicembre 1925 ha una apparizione: ” Mi apparve la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, la Madonna gli teneva la mano sulla spalla e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse:

” Abbi compassione del Cuore Immacolato della tua Santissima Madre, che sta coperto di spine che gli uomini ingrati in tutti i momenti Vi infiggono, senza che ci sia chi faccia un atto di riparazione per strapparle“. 

e subito la Vergine santissima aggiunse:

Guarda, figlia mia, il Mio Cuore coronato di spine che gli uomini ingrati a ogni momento Mi conficcano, e dì che tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno un rosario, e Mi faranno 15 minuti compagnia meditando sui 15 misteri del rosario, coll’intenzione di darMi sollievo, Io prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime“.

SECONDO MESE

Vedi Santo Rosario – Cenacolo familiare

Meditazione sui misteri della gloria

di San Giovanni Paolo II

Nel 1° Mistero della Gloria contempliamo la Resurrezione di Gesù 

L’angelo disse alle donne: ” Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto” (Matteo 28, 5-6a).

L’opera dell’uomo e l’opera di Dio

«Haec dies quam fecit Dominus». Si potrebbe meditare a lungo sui possibili contenuti di questa breve frase, su questa parola pasquale della Chiesa: «Questo è il Giorno che Dio ha fatto». Questo giorno, questo tempo, anzi, questa pienezza dei tempi venuta da Dio si è manifestata nella risurrezione di Cristo. È chiaro che questo evento, questa risurrezione non poteva venire dall’uomo, non poteva venire dal creato. Vediamo che il creato tende alla morte ed anche l’uomo è destinato a morire, in questa terra, perché è sottomesso alle leggi del creato. Rovesciare queste leggi, e causare una vita dopo la morte non poteva farlo che Dio. Così si spiega più semplicemente il contenuto di questa parola pasquale: «Dies quam fecit Dominus».

Ma questa parola raccoglie tanti altri contenuti, che si potrebbero trovare ripetendo, meditando, contemplando questo Giorno in cui si vede l’iniziativa di Dio. Noi, vivendo i nostri giorni, possiamo pensare che tutto venga dalle leggi della natura e che poi tutto sia lasciato alle iniziative dell’uomo, alla creatività dell’uomo: «Opus humanum», tutto il mondo, tutta la civiltà, la cultura, la scienza, la tecnica, tutto questo è l’uomo.

Invece, davanti a questo evento pasquale che è la risurrezione, l’uomo deve fermarsi e confessare sinceramente quanto lui stesso non è in grado di fare. Questo evento supera la capacità dell’uomo. Che cosa è quindi questo evento? Se l’uomo non sa pronunciare la parola “Dio”, certamente per lui è difficile; cercherà diverse spiegazioni per non accettare di fatto l’evento. Ma, se ha la buona volontà, se ha la fede, alla fine dirà: «Questo è opera di Dio», «Opus Dei».

Questo Giorno è pienezza dei tempi; è pienezza di tutti i giorni, di tutti i tempi e di tutti i secoli; questo Giorno della risurrezione è il giorno in cui l’uomo è quasi costretto a pensare su tutto, su tutta la creazione e su se stesso come sull’ opera di Dio”. Questa è la forza e la profondità della giornata odierna.

Questa giornata sconvolge il nostro modo di pensare, il nostro ritmo di vivere e di agire e domanda a noi di vedere anche tutto ciò che è “opus naturae“, o “opus humanum” alla luce dell”opus divinum“.

Questo sconvolgimento, che porta con sé questa giornata di risurrezione, spiega la tremenda conversione di Saulo di Tarso, e non solamente la sua conversione, ma anche quella di tanti altri.

Se l’uomo, la persona umana, con la sua riflessione e con la sua sensibilità, si trova davanti a questo evento, a questo fatto che è la risurrezione

di Cristo, allora deve essere sconvolto. Deve cominciare, deve entrare in una conversione, deve cominciare a pensare su tutto: sul creato e su tutto ciò che è umano. Deve pensare con le categorie della attività di Dio, dell’opera di Dio, dell«Opus Dei».

Discorso, 26 marzo 1989

Nel 2° Mistero della Gloria contempliamo l’ascensione di Gesù al cielo


Il Signore Gesù, dopo aver parlato loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio (Marco 16, 19).

L’umanità nella gloria divina

Cosa significa che Gesù è asceso al cielo? Non sono le categorie spaziali che ci permettono di capire adeguatamente questo evento, che solo alla fede dischiude il suo senso e la sua fecondità.

«Sedette alla destra di Dio»: ecco il significato primo dell’Ascensione. E anche se l’espressione è immaginosa, poiché Dio non ha né destra né sinistra, essa racchiude un importante messaggio cristologico: Gesù risorto è entrato pienamente, anche con la sua umanità, a far parte della gloria divina e, anzi, a prendere parte all’attività salvifica di Dio stesso: «Lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione» (Ef 1,20-21). Il cristiano ormai non ha altro capo all’infuori di Gesù Cristo.

«Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi» (Ef 1,22). Cristo non è solo il nostro capo, ma anche il Pantocrator, colui che esercita la sua signoria su tutte le cose. Queste affermazioni hanno una portata molto concreta per la nostra vita. Nessuno di noi deve più affidarsi a chi non è Cristo, poiché ciò che è al di fuori di lui gli è soltanto inferiore.

Siamo invitati, pertanto, a contemplare la grandezza e la bellezza del nostro unico Signore, e a fare nostra la preghiera della Lettera agli Efesini:

«Possa Dio illuminare gli occhi della nostra mente per farvi comprendere… quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza, che egli manifestò in Cristo» (Ef 1,18-20).

Si sente, in queste parole, la traboccante esultanza del cristiano che sa, o almeno intuisce, e adora la profondità del mistero pasquale e l’inesauribile ricchezza delle sue virtualità salvifiche nei nostri riguardi. La festa odierna, dunque, ci riconduce ai fondamenti stessi della nostra fede.

Ma c’è anche un altro aspetto essenziale, proprio della solennità dell’ Ascensione, che viene espresso

sia nella prima lettura sia nel Vangelo. «Mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra» (At 1,8); «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). C’è un dovere di testimonianza, che promana direttamente dalla nostra fede. Non si può celebrare l’esaltazione di Gesù Signore e poi condurre una vita disimpegnata, ignorando la sua suprema consegna. L’Ascensione ci ricorda che la sottrazione di Gesù all’esperienza sensibile dei suoi discepoli ha anche lo scopo di lasciare il campo a questi, i quali ormai continuano nella storia la sua missione e proseguono lo zelo pastorale e la dedizione missionaria di lui, anche se ciò avviene insieme a molte debolezze.

Omelia, 20 maggio 1982

Nel 3° Mistero della Gloria contempliamo la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti con Maria nel cenacolo


Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo (Atti 2, 3-4a).

Vieni!

Veni, Sancte Spiritus! La magnifica sequenza, che contiene una ricca teologia dello Spirito Santo, meriterebbe di essere meditata, strofa dopo strofa. Ci soffermeremo qui soltanto sulla prima parola: Veni, vieni! Essa richiama l’attesa degli apostoli, dopo l’Ascensione di Cristo al ciclo. Negli Atti degli Apostoli, Luca ce li presenta riuniti nel Cenacolo in preghiera con la Madre di Gesù (cfr At 1,14). Quale parola meglio di questa poteva esprimere la loro preghiera:

Veni, Sancte Spiritu»»? L’invocazione, cioè, di colui che agli inizi del mondo aleggiava sulle acque (cfr Gn 1,2), e che Gesù aveva promesso loro come Paraclito?

Il cuore di Maria e degli apostoli in quei momenti è proteso verso la sua venuta, in un alternarsi di fede ardente e di confessione dell’insufficienza umana. La pietà della Chiesa ha interpretato e trasmesso questo sentimento nel canto del «Veni, Sancte Spiritus». Gli apostoli sanno che ardua è l’opera affidata loro da Cristo, ma decisiva per la storia della salvezza dell’umanità. Saranno in grado di condurla a termine? Il Signore rassicura i loro cuori. In ogni passo della missione che li porterà ad annunciare ed a testimoniare il Vangelo sino ai punti più remoti del globo, potranno contare sullo Spirito promesso da Cristo. Gli apostoli, ricordando la promessa di Cristo, nei giorni che vanno dall’Ascensione alla Pentecoste concentreranno ogni pensiero e sentimento su quel veni-vieni!

Veni, Sancte Spiritus! Iniziando cosi la sua invocazione allo Spirito Santo, la Chiesa fa proprio il contenuto della preghiera degli Apostoli raccolti con Maria nel Cenacolo; anzi, la prolunga nella storia e la rende sempre attuale.

Veni, Sancte Spiritus! Così continua a ripetere in ogni angolo della terra con immutato ardore, fermamente consapevole di dover restare idealmente nel Cenacolo in perenne attesa dello Spirito. Al tempo stesso, essa sa che dal Cenacolo deve uscire per le strade del mondo, con il compito sempre nuovo di rendere testimonianza al mistero dello

Spirito.

Veni, Sancte Spiritus! Preghiamo così con Maria, santuario dello Spirito Santo, preziosissima dimora di Cristo fra noi, perché ci aiuti ad essere tempio vivo dello Spirito e testimoni infaticabili del Vangelo.

Omelia, 31 maggio 1998

Nel 4° Mistero della Gloria contempliamo Maria assunta in cielo in anima e corpo

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome (Luca 1, 49).

Ci protegga la Vergine santa

Maria risplende come «primizia ed immagine della Chiesa» (Prefazio dell’Assunta), essendosi già realizzato nella sua persona, in forza del mistero pasquale di Cristo, quel destino di salvezza, al quale Dio chiama fin dall’eternità ogni umana creatura. A Maria, la «Donna vestita di sole» (Ap 12,1), guarda il popolo dei credenti pellegrinante sulla terra come a stella luminosa, che indica la meta verso cui tendere nel quotidiano cammino.

La sua Assunzione al cielo non è solo coronamento della sua particolare vocazione di Madre e discepola del Signore Gesù, ma anche segno eloquente della fedeltà di Dio all’universale piano salvifico, ordinato alla redenzione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.

In Maria, Vergine e Madre, trova piena espressione la femminilità, poiché le qualità personali che contraddistinguono la donna rispetto all’uomo hanno potuto manifestarsi in Lei in tutto il loro splendore. Guardando a Lei, ogni donna può scorgere l’autentica affermazione della propria dignità e del proprio valore.

Come non affidare a Maria […] le donne del mondo intero, affinché, consapevoli della propria vocazione, offrano generosamente il loro indispensabile contributo in ogni campo della promozione umana e soprattutto nella difesa della vita? […]

L’Assunzione di Maria in cielo ci ricorda che Maria è ritornata in anima e corpo presso la casa del Padre, la celeste Gerusalemme, che è Città della pace, verso la quale tutti noi siamo incamminati.

La Chiesa, che si rivolge alla Madre del Signore con il titolo di Regina del cielo, per tale ragione ama invocarla anche con il felice nome di Regina della Pace. Lei, Regina della Gerusalemme celeste, dimora di pace, intercede costantemente presso il Figlio per i figli suoi, pellegrini nella storia, affinché il sospirato bene della pace e della concordia si diffonda in ogni angolo della terra.

Protegga la Vergine Santa l’intera umanità; protegga, in particolare, le vittime dell’ingiustizia, dell’odio e della violenza. Ottenga per il mondo, specialmente per le terre martoriate dalla guerra, la pace. Possa Maria essere veramente per tutti segno di consolazione e di sicura speranza.

Maria Assunta in cielo, prega per noi!

Omelia, 31 maggio 1998

Nel 5° Mistero della Gloria contempliamo l’incoronazione di Maria Regina del cielo e della terra


Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle (Apocalisse 12, 1)

Madre di Gesù, Madre del mondo

Nell’odierna Solennità di Tutti i Santi il nostro pensiero si rivolge alla Gerusalemme celeste, regno della felicità senza fine, e alla moltitudine innumerevole che la popola, sciogliendo inni incessanti di lode a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e alla Vergine santissima, Regina del cielo, Regina degli Angeli e dei Santi tutti.

La sublime visione dell’Apocalisse apre uno squarcio sulla patria definitiva ed eterna, nella quale i santi ci hanno preceduto e verso la quale siamo tutti incamminati.

A questa prospettiva terminale sono costantemente volti gli sguardi e i passi della Chiesa. Il Concilio vi ha dedicato un’attenzione particolare, facendone il momento culminante delle sue indagini sul mistero della Chiesa, analizzando in se stesso

in rapporto ai membri che compongono questa realtà spirituale e visibile.

La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in

Cristo Gesù e nella quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo» (Lumen gentium, 48). Così inizia il capitolo della Lumen gentium sull’indole escatologica della Chiesa pellegrinante e sulla sua unione con la Chiesa celeste, un capitolo che, mentre richiama i “Novissimi” – morte, giudizio, inferno, paradiso -, pone in gran luce la verità del rinnovamento di ogni cosa, già iniziato nel mistero pasquale di Gesù Cristo, e destinato a rivelarsi pienamente nei nuovi cieli e nella terra nuova, in cui la giustizia ha la sua dimora (cfr 2Pt 3,13).

Il Vaticano II ha pure ricordato che la santità, già presente e operante nella fase terrena del cammino ecclesiale, non è un privilegio di qualcuno, ma una chiamata rivolta a tutti i membri del popolo di Dio, senza alcuna eccezione. E ha invitato tutti

– vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi e laici – in ogni condizione e situazione umana a tradurre in pratica il grande appello di Gesù: «Siate perfetti, com’è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48).

Ecco le parole del Concilio: «Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della Vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano» (Lumen gentium, 40).

Se la santità è, da una parte, uno degli elementi costitutivi della Chiesa, dall’altra è la dimostrazione concreta della coerenza dei credenti con la propria vocazione. Qui, non altrove, va ricercata la base dell’autentico rinnovamento a cui tutti siamo obbligati nella presente stagione storica. La prossima Assemblea sinodale non mancherà certo di porre in giusta evidenza queste prementi istanze, alla luce degli ammaestramenti che derivano dall’esperienza dei vent’anni trascorsi dal Concilio.

La Vergine Santissima, Regina di tutti i Santi, voglia fin d’ora benedire e accompagnare quel grave impegno. Per questo, ora preghiamo insieme.

Omelia, 1° novembre 1985